TABELLE MILLESIMALI QUESTE SCONOSCIUTE

intervento del Giudice

Rivista Condominio Oggi

Associazione A.N.AMM.I.

a cura di Silvio Guerrini

Il più alto organo giurisprudenziale, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, dà una svolta epocale a quello che per anni ha rappresentato un contenzioso assai ricorrente: la determinazione del quorum per la rettifica delle tabelle millesimali. La Corte, con la sent. n. 18477/10, ritiene sufficiente la maggioranza indicata dall’art. 1136, 2° co., c.c. (maggioranza intervenuti ed almeno la metà del valore millesimale) e viene definitivamente superata la tesi, per anni accolta e sostenuta da dottrina e giurisprudenza, secondo la quale la rettifica o la revisione delle tabelle, essendo inquadrata come un negozio giuridico di accertamento che andava ad incidere sul diritto oggettivo dei singoli condòmini, richiedeva l’unanimità dei consensi. Ciò, di fatto, paralizzava la vita del condominio, potendo la rettifica aver luogo solo dopo il ricorso all’Autorità Giudiziaria e con sentenza passata in giudicato. A tale rettifica, infatti, si sarebbe opposto il condominio o i condòmini che avessero tratto uno svantaggio dalla variazione tabellare, vedendosi accrescere i millesimi attribuiti con conseguente aumento degli oneri contributivi delle spese condominiali.

Si pensi agli enormi costi processuali necessari per affrontare i tre gradi di giudizio nonché i tempi assai lunghi del nostro sistema giudiziario. Inoltre, la vicenda giudiziaria veniva complicata dal fatto che andavano citati tutti i condòmini, non essendo considerato competente l’amministratore ad agire in giudizio. Sul punto è intervenuta la Cassazione che, con la sent. n. 18331/10, ha legittimato l’amministratore a rappresentare il condominio. Detta sentenza sembra, inoltre, essere coerente con l’inquadramento dato dal Legislatore alle tabelle che, nell’art. 68 disp. att. c.c., le definisce un “allegato al regolamento di condominio” e, dunque, se il legislatore riconosce la maggioranza prevista dal 2° co. dell’art. 1136 c.c. per modificare il regolamento (art. 1138, 3° co., c.c.) non si comprende perché non debba essere richiesta la stessa maggioranza per modificare un suo allegato.

E’ vero che tale rettifica riguarda solo gli aspetti pratici della gestione condominiale (ad es. parti comuni) e non certo limitazioni all’uso esclusivo della proprietà privata, che necessiterebbe senz’altro dell’unanimità dei consensi, ma il punto è proprio questo, ossia che le tabelle ora vengono inquadrate come una dichiarazione di un diritto già preesistente sulle cose comuni che ha come scopo quello di rendere più agevole la vita condominiale, in quanto semplifica la ripartizione delle spese. L’attribuzione aritmetica di un numero espresso in millesimi, non va a precludere un diritto soggettivo del condomino che è, comunque, esistente anche se non fossero attribuiti dei millesimi ai condòmini. Opportuno citare, a riguardo, alcuni significativi passaggi della sent. n. 18331/10: “la deliberazione che approva le tabelle non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condominio, che è nella legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo, determinato in base ad una valutazione tecnica; caratteristica propria del negozio giuridico è la conformazione della realtà oggettiva alla volontà delle parti: l’atto di approvazione della tabelle, invece, fa capo ad una documentazione ricognitiva di tale realtà, donde il difetto di note negoziali. A favore della tesi della natura negoziale dell’atto di approvazione delle tabelle millesimali non viene adottato alcun argomento convincente, se si tiene presente che tali tabelle, in base all’art. 68 disp. att. c.c., sono allegate al regolamento di condominio, il quale, in base all’art. 1138 c.c., viene approvato dall’assemblea a maggioranza, e che esse non accertano il diritto dei singoli condòmini sulle proprietà immobiliari di proprietà esclusiva, ma soltanto il valore di tali unità rispetto all’intero edificio, ai soli fini della gestione del condominio, dovrebbe essere logico concludere che tali tabelle vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio. Alla luce di quanto esposto deve, quindi, affermarsi che le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condòmini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c., comma 2, con conseguente fondatezza del primo motivo ricorso principale ed assorbimento degli altri motivi dello stesso ricorso”.

Va precisato che possono essere oggetto di modifica, con il quorum di cui sopra, sia le tabelle relative alla ripartizione di spese particolari, (ascensore, portiere, scale, riscaldamento) sia quelle relative ai millesimi generali della tabella A. Del resto, se un condomino si sente leso o in balia di una maggioranza che adotta una tabella che lui considera iniqua, può sempre far ricorso all’art. 69 disp. att. c.c. che gli consente di porre rimedio sia in caso di errore sia in caso di notevole mutamento del valore dell’immobile, anche di un solo condomino, ad una tabella non rappresentativa dello stato di fatto. In tal senso l’errore è solo quello oggettivamente riscontrabile (ad es. immobile gemello per mq, mc, esposizione, disposizione ambienti etc., che, pur trovandosi ad un piano superiore ad un altro della stessa colonna, in un palazzo con ascensore, attribuisca al piano più alto, ma identico, meno millesimi rispetto ad un immobile posto ad un piano inferiore). L’errore è quello che porta ad una determinazione dei millesimi fatta senza un criterio logico e verificabile, in base a parametri misurabili o determinabili oggettivamente (mq, cubatura, esposizione, piano, suddivisione spazi interni, solo per citarne alcuni). L’errore rappresentato da vizio di volontà, non rileva. La stessa sentenza, pone a carico del condominio o dei condòmini che hanno subìto o ottenuto la variazione di valore, la redazione delle nuove tabelle millesimali. La Cassazione è stata di orientamento per il legislatore in sede di riforma (L. 220/12) sulle norme condominiali inerenti la revisione delle tabelle e, quindi, in riferimento all’art. 69 disp. att. c.c., nonostante il primo comma richiedendo l’unanimità per la rettifica, faccia pensare il contrario. In realtà lo spirito della norma novellata è identico a quello della sentenza laddove in entrambi i casi si riconosce la possibilità di agire con il quorum deliberativo del 2° co. dell’art. 1136 c.c., solo in caso di errore o di scostamento di valore sopraggiunto superiore ad 1/5; il costo della redazione viene posto a carico di chi ha dato luogo alla variazione. Geom. Silvio Guerrisi socio A.N.AMM.I. n. K331

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